Un racconto quasi archetipico e senza tempo, in cui le ombre dei morti si mescolando al bisogno di pace dei sopravvissuti. Un’eco che si perde nella notte dei tempi e che porta con sé i drammi umani: la perdita dell’amore, quella dei figli, le ire, le gelosie, l’odio. È dunque un contenitore ben rivisitato, con differenti point of view, “Un’altra Iliade” del sempreverde poema di Omero quello andato in scena al teatro Cilea di Reggio Calabria, nell’interpretazione indimenticabile di Salvatore Arena. Una produzione Mana Chuma Teatro, testo e regia di Arena e Massimo Barilla.

L’Iliade in una riscrittura inedita

Una riscrittura che dà voce agli sconfitti, Atreo o Tersite, troiani o greci, chi può dirlo? Le vittime, come nelle guerre attuali, si lasciano dietro tutte scie di dolore. Così come attuale è il pezzo di scenografia delle barche, moderno richiamo alle vittime del mare: i tanti migranti che cercano salvezza ma che trovano la morte tra le onde.

Una piéce con citazioni che vanno da Shakespeare, alle canzoni di Vasco Rossi (Albachiara e Fegato spappolato), al “Te piace ‘o presepe?” del “Natale in Casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. Mentre si intrecciano suoni evocativi e parole, c’è soprattutto il monologo di Arena sul palco, capace di dipingere con la sua voce, i suoi toni agguerriti, i colori delle battaglie tra Troiani e Achei, coi rumori dei ferri e le immaginifiche ferite mortali.

Cambiano gli accenti, dal siciliano al bolognese (di Agamennone) ma resta la sapienza espositiva che tiene col fiato sospeso lo spettatore sia che interpreti il troiano Atreo (condannato a rimanere in vita per raccontare per sempre l’accaduto), che sogna o è desto, ma che, di certo, la notte è inseguito dai fantasmi della morte di quei concittadini che non ha capito di dover salvare dalle insidie del cavallo di Ulisse.

O che si tratti del greco sacrificato Tersite (simbolo del contrasto al potere, unico a contraddire Ulisse) che, in fondo, voleva solo tornare a casa dal suo amore, e che balla, fa avanspettacolo e cerca disperatamente di trovare momenti di ilarità in dieci anni di assedio. O, infine Ettore, il principe che ha ucciso Patroclo scambiandolo per Achille, e che viene fotografato nella sua fragilità perchè sa, in cuor suo, di stare per essere trafitto dalla furia del Pelide.

Le musiche originali sono di Chiara e Luigi Polimeni. Scenografie di Aldo Zucco, la canzone finale è interpretata da Chiara Rinciari su testo di Massimo Barilla, il disegno luci di Luigi Biondi.

(FOTO di MARCO COSTANTINO)

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