C’è un uomo nudo in una vasca. E dentro, con lui, ci sono i fantasmi di donne, la poesia, l’alcol, la rabbia, i parassiti del mondo che quasi lo spingono sull’orlo del baratro. Quasi. La vasca è un ingrediente scenico necessario, è un rituale perchè si prepari lo spettacolo dell’anima che sarà messa a nudo, quella di Charles Bukowski, spogliata di luoghi comuni perchè: «Io non sono Bukowski. Charles non era Bukowski. E nessuno sarà mai Bukowski».

Teatro Primo a Villa San Giovanni chiude col botto la stagione col ritorno di “Bukowski. A night with Hank”, diretto e interpretato da Roberto Galano, pièce punta di diamante e pluripremiata (da più di un decennio) e produzione del Teatro Dei Limoni.

Bukowski chi?

Galano è tutto dentro al personaggio col suo tono graffiante e del protagonista restituisce le “diable au corp”, con un bagno dentro al vino, col fumo nervoso di tutte le sigarette quasi fossero mali del mondo da mettere a tacere, con la dannazione dell’amore tormentato e del sesso veloce, fugace. Come le voci che ritornano: quella della sua donna, l’invocata Linda Lee (che spinge per farlo bere di meno), la figlia Marina Louise, o come le violenze del padre subite da bambino. E poi in sottofondo quelle di chi reclama l’affitto da pagare, le bollette da saldare e il viaggio a Parigi dove presentare i libri.

La drammaturgia regala nuovi visioni, porta sul palco un personaggio con la rabbia ma con le difese abbassate, con la disperazione che solo nella scrittura selvatica trova sollievo. Si va dunque ben oltre la trappola visionaria da ultimo poeta maledetto, quello del realismo sporco, senza però perdere l’autenticità: dietro a quei suoi sguardi inquieti si cela una sensibilità fuori dal comune, capace di cogliere dentro la pelle i danni e i disagi dell’America del suo tempo.

Il dialogo irrequieto che intrattiene, a tratti esilarante, col pubblico lo fotografa in tutta la sua umanità. La narrazione nel monologo di Galano assume la forma di una confessione, senza filtri e censure, porta a indagare l’oltre: il risultato è che alla fine di Bukowshi si vuole sapere di più. Non si può negare.

Lascia un commento

In voga